sabato 24 marzo 2012

Yoga, Meditazione e Modernità.


Yoga Meditazione e Modernità

-Una breve dissertazione sul loro significato-



Immaginate un tempio, la vostra mano che scorre su un ruvido muro di pietra, c’è solo qualche candela accesa e l’aria è cosparsa di incenso e fumo grigio, il vostro cuore pulsa come non mai, tamburi tuonano in lontananza, della polvere filtra dal soffitto smossa dal suono.. battito dopo battito cuore e tamburi si confondono ed il suono cresce.. tutto il vostro essere vibra in unisono.. e..
- Click. -

Bene ragazzi la sessione di meditazione yoga guidata termina qui per oggi, ricordatevi di prendere appuntamento per la prossima sessione di martedì pomeriggio, ricordo a chi ha seguito i corsi di kundalini yoga che può richiedere di partecipare al master in massaggio tantrico fatto dalla nostra esperta venuta appositamente dall’America. Al che un gruppo di persone esce dalla palestra tutte in silenzio, accendono la macchina parcheggiata non molto distante, tornano a casa e tutto ritorna alla normalità.
Yoga in pillole, meditazione endovena, il sacro in supposta.

 
Ma cosa significa Yoga, cosa è meditare? Non starò qui a fare esegesi dei termini, non intendo nemmeno iniziare un seminario di etimologia o proporre panacee interpretative comode all’uomo medio che popola le post-moderne grotte d’acciaio chiamate città. Cercherò per quanto mi sia possibile (no, purtroppo non posso prendervi direttamente a schiaffi) di svegliare quel ghiro eterno che riposa all’interno della vostra riarsa scatola cranica.
-Primo errore dell’uomo detto altresì moderno-
Pensare d’esser capace di qualcosa è ben diverso dall’esserne effettivamente capace. 
Ma credete che basti un corso di “”Yoga”” a rendere più profonda la vostra persona? Pensate che aprire un libro, fare una posa, chiudere gli occhi, pensare di concentrarsi, et voilà.. siete in grado di conoscervi, di comandarvi, d’esser consapevoli?

-Secondo errore dell’uomo all’apice, fra passato e futuro-
Ciò che qualcuno ha detto in passato, è immediatamente comprensibile per me, ora.  
Sono vissute persone che hanno dedicato la vita intera allo studio, che hanno elaborato pensieri per decenni, e tu, piccolo uomo appena nato, con fare spavaldo riassumi, condensi, semplifichi e padroneggi il tutto? Palesi solo la più profonda ignoranza.

-Terzo errore antropocentrico dell’umanità viziata-
Il mondo non è un fastfood spirituale.  
Non esiste una mensa che elargisce porzioni monodose di cultura Non vi sono vie rapide per la vetta, chi scala con l’elicottero non ha infatti scalato alcunché, è solo un turista.

Noi occidentali di questa epoca siamo portati ad essere intrinsecamente limitati dal “buon” senso e dalla cultura media elargita nelle scuole; l’atteggiamento comune è filtrare il mondo, la storia e la cultura attraverso i propri paradigmi e le proprie idee. Il mito del pragmatismo va sradicato.


Per poter affrontare ed affrontarci senza ridursi al solito materialismo, a quel modo di intender le cose solamente in base alla loro funzione, al ridurre l’intera vita ad un giocoforza di pulsioni, psicologismi e piacere/dolore è fondamentale pensare in profondità.
L’appiattimento all’abitudine, alle routine, ai dati di fatto, alle grandi ed univoche verità scientifiche e religiose è esser già morti, scheletri deambulanti che hanno negato la loro complessità d’animo per una più semplicistica vita.
Yoga in sanscrito è tradotto letteralmente come "unione", "unità".
Vi sono varie tipologie di yoga, ma alla base è una pratica che permea ed unisce le distinzioni linguistiche di “corpo, mente, spirito, mondo ed essere”. Lo scopo (anche se qui si stagliano diverse vie d’azione e di interpretazione) è, non tanto il raggiungimento, ma l’aver consapevolezza in varie forme di quella totalità infinita che è il tutto , che permea tutto; la dinamica consapevole dell’identità del Sé e Brahman (Assoluto). [aham brahmāsmi]
 
Questa mia prospettiva creerà astio nei praticanti di yoga che seguono scuole di pensiero e movimenti devozionali più incentrati sull’ottenimento della liberazione (Mokṣa) dalla perpetua reincarnazione – o dal completo e totale distaccamento dal mondo, rinunciandovi.
La meditazione non consiste in un “non pensare” in uno svuotamento; già queste cose sono atti mentali, processi di un continuo rimuginare della mente su se stessa.
Concentrarsi è esser un punto fisso senza dimensione; pensare di concentrarsi è esser distratti dal pensiero stesso.

Ribaltando scherzosamente un’ affermazione occidentale - Cogito ergo non Sum -
(che si sviluppa più esattamente in “ Penso quindi rifletto sopra all’essere, non “sono” puro essere e consapevolezza):
Se il vuoto fosse un oggetto di contemplazione, dove sarebbe la coscienza che percepisce l’essere? Pertanto, si consideri la contemplazione della vacuità come un artificio, analogo a una profonda assenza dal mondo.
L’attore e l’azione sono uniti, ma quando l’azione si dissolve, abbandonando i suoi frutti, la dinamica legata all’ego si esaurisce, il praticante che viene assorbito in questa contemplazione profonda scopre la vibrazione divina, liberata dal suo legame con l’ego. La natura profonda dell’azione così si rivela, e chi ha interiorizzato il movimento del desiderio non conosce più dissoluzione. Egli non può cessare di esistere, perché è tornato alla sorgente profonda. Shiva è quindi unito alla Shakti quale conoscenza e oggetto, mentre ovunque egli si manifesta come pura coscienza..”

 
Spandakarika (12-16) 






 

lunedì 19 marzo 2012

DESTINO: Salvador Dalì X Walt Disney



Nel lontano 1946 due artisti leggendari hanno iniziato una collaborazione per Walt Disney, interrotta improvvisamente per lo scoppiare della Seconda Guerra Mondiale. Quasi mezzo secolo più tardi, quest'opera è stata finalmente recuperata e completata. 
Una tra le genialità artistiche più roboanti ed imprevedibili del secolo scorso ha lavorato su questa perla rara tra i corti d'animazione - mettete a tutto schermo il player, spegnete la luce, e godetevi il grande  Salvdor Dalì come mai prima d'ora.






domenica 18 marzo 2012

TOP SKINS: EAST TATTOO



Per questo nuovo appuntamento con le "migliori pelli" non ci muoviamo dall'oriente: dal Giappone del maestro Horyoshi (per rileggere l'articolo clicca qui) ci spostiamo di poche coordinate, a Taiwan. Qui risiede uno dei migliori collettivi artistici del mondo, chiamarlo uno studio di tatuatori mi sembra alquanto riduttivo.

A scorrere le pagine dei lavori di Yang, Ching e Hua si nota che l'estetica prediletta è - ovviamente - quella orientale, rielaborata però con un attenzione grafica e figurativa davvero originale, passando facilmente dall'estremo realismo ad una resa più tradizionale, anche nella stessa opera. 
La cosa che colpisce maggiormente l'osservatore è la cura dei dettagli: ci vogliono alcuni minuti per assaporare la complessità di questi lavori, che si estendono su grandi superfici corporee in maniera da fornire un più ampio spazio alla forma artistica e alla disposizione del soggetto.

Sebbene ad operare nello stesso studio siano più di tre persone, con stili e attitudini differenti, stupisce l'omogeneità stlistica e artistica dei lavori finiti, che si possono inserire senza problemi nella medesima striscia informativa senza generare elementi reciproci di disturbo e disarmonia.




Di seguito alcuni tra i migliori lavori:








Per saperne di più:

THE MIXIE VOL. 20 / A:RA




Ventesimo capitolo a lezione da PTW :

"CON QUESTO THE MIXIE VOL. 20 A:RA TI PORTA SOTTOTERRA VICINO AGLI INFERI, POI TI ENTRA NEL CERVELLO CON TUTTE QUELLE INTERFERENZE E ONDE SONORE DILANIATE DAL BITCRUSHER. "

Mi basta questo estratto della presentazione per augurarvi un buon'ascolto, godetevi sta legnata!


TRACKLIST:

STRAUSS REWORK
EARA
WINDOW PART I
GOLDEN PARADA
FRENCH GIRL
PAPER & CHERRIES










sabato 17 marzo 2012

FERNANDO VICENTE / Venus & Vanitas





A partire già dal Rinascimento con maestri come Leonardo Da Vinci, fino ai giorni nostri con artisti estremi come Gunther Von Hagens, in molti hanno colto il lato affascinante e l'immensa forza estetica del corpo umano. In questo ambito l'artista Spagnolo Fernando Vicente ha continuato nello studio dell'unione tra bellezza e realismo scientifico.

La bellezza del corpo umano è qui direttamente connessa con la transitorietà, nell'effemiro del lieve equilibrio pulsante e vivo delle forme anatomiche mostrate senza filtri, senza cadere nell' macabro o nell'inquietante.
Grazie all'estrema eleganza che il pittore è riuscito a raggiungere, lievi tocchi di un bello quasi etereo sono inseparabili da dal dettaglio anatomico. La combinazione tra arte e scienza che ne deriva è qualcosa di sublime.

Di seguito le due serie di Vicente: Venus e Vanitas






























Le vere memorie di una geiko: “Storia proibita di una geisha” di M. Iwasaki


Kyoto, anni Cinquanta. Sotto un bellissimo parasole di carta, un’elegantissima donna abbozza un sorriso al fotografo; a lei cerca di stringersi una bambina dall’aria curiosa. Sotto il suo bel kimono a fiori, spuntano appena i piedini intrecciati in segno di timidezza. Da pochi mesi, Masako – così si chiama la piccola – ha lasciato di sua volontà, sebbene a malincuore, la propria casa per trascorrere gli anni a venire in un’okiya, la tradizionale residenza delle geiko (come si autodefiniscono le geisha) e delle maiko (le apprendiste): ignora del tutto che ben presto diventerà una delle donne più ammirate dell’intero Giappone, a costo però di enormi sacrifici. Non soltanto la bimba è costretta ad adattarsi a uno stile di vita alquanto duro, ma è tenuta a rinunciare alla propria famiglia, mutando persino il proprio nome in Mineko e il cognome in Iwasaki (tratto dalla madre adottiva).




La sua storia è raccontata per la prima volta in un volume da poco uscito in Italia, Storia segreta di una geisha, curato da lei stessa, Mineko Iwasaki, ora rispettabile signora di mezza età, e dalla sua biografa Rande Brown (trad. a cura di Alessandra Mulas, Newton & Compton, pp. 318, € 9,90; in offerta su Amazon.it cliccando qui a € 8,42 in formato cartaceo e 4,99 in ebook). Sebbene non sia esplicitamente affermato, oltre che per gettare luce sul mondo delle geiko, spesso ritenute a torto prostitute o mere dame di compagnia, il libro vuole contrapporsi al best seller Memorie di una geisha di Arthur Golden, il quale, infrangendo gli accordi, avrebbe menzionato la Iwasaki (sua informatrice) più volte sia nell’opera, sia in alcune interviste, contrariamente alla volontà di lei, e distorto alcuni aspetti della vita delle geiko.
Sin dalle prime pagine dell’autobiografia della donna, l’indole romanzesca e patetica  – che molto ha colpito i lettori dello scrittore americano – è bandita: il “mondo del fiore e del salice” (karyukai), ossia quello dei quartieri di piacere (di natura estetica, non sessuale), si mostra ben presto tanto seducente quanto logorante.

Designata da Oima, la padrona della okiya, sua unica erede, Mineko già dalla più tenera infanzia si impegna per raggiungere il sucesso: come racconta in dettaglio, le sue giornate sono scandite dall’intenso studio della danza e della musica, dalle fatiche domestiche e da esercitazioni continue in tutte quelle arti (quali la calligrafia e la cerimonia del tè) che un giorno la renderanno una perfetta geisha. Il carattere combattivo e la tenacia la spingono anche a battersi per i diritti e la dignità delle geiko, malgrado attorno a sé cresca l’ostilità scatenata dalla sua bellezza.
Consacrando la vita alla danza – unica attività capace di alleviare il dolore per l’allontanamento dai genitori e le sofferenze causatele delle rivali -, in virtù della sua grazia e della sua caparbietà, la ragazza diviene un’invidiabile maiko e, poco tempo dopo, la geisha più desiderata e ricca di tutto l’arcipelago nipponico. Ma la vera felicità è ancora lontana.

Pagina dopo pagina, la Iwasaki ci conduce a Kyoto tra i vicoli di Gion (il distretto delle geisha per eccellenza), nelle ochaya (letteralmente le stanze del tè, sedi dei banchetti con gli ospiti), nel cuore dei matsuri (festival tradizionali) e nelle camere più intime delle okiya, in cui le artiste possono finalmente essere semplici adolescenti che scherzano tra loro o attendono impazienti il vero amore. Oltre a farci sorridere con buffi aneddoti (in cui, a dire il vero, i reali inglesi non danno il meglio di sé), Mineko ci svela con dovizia di particolari le consuetudini e i trucchi del suo mestiere, tenuti segreti per intere generazioni, alternando una narrazione romanzesca a una più saggistica e tecnica, senza mai perdere vigore.




[Tratto da: www.bibliotecagiapponese.it ]


EDWIN Store London Opening | Photo & Video Recap






La settimana scorsa  EDWIN Europe ha inaugurato in zona East London. Il suo nuovo rampante monomarca. 

L'estetica del negozio è curatissima al minimo dettaglio: a metà tra vintage anni '60, il working class, e un leggera attitudine biker - come d'altronde vuole essere l'aggiornatissimo stile Edwin - favorendo la mostra dei prodotti tramite una dislocazione omogenea dei capi all'interno di tutto il negozio. 
Muri e mensole sono arricchiti con dettagli originali ed esclusivi, che riflettono l'attenta scrupolosità con cui il premium brand giapponese ha voluto aprire il suo nuovo flagship store al numero 47 di Charlotte Road, nello storico distretto di Shoreditch. Lo spazio ospita inoltre anche il nuovissimo Showroom del brand.

Di seguito un po' di immagini del negozio dell'evento per l'apertura.





























EDWIN Store London
47 – 49 Charlotte Road
EC2A 3QT