domenica 29 gennaio 2012

OBEY by Shepard Fairey




Volendo andare con ordine dobbiamo partire dal 1989, anno in cui nella scena skater fanno la loro comparsa prima a Providence, e da li a poco in molte altre città degli USA, i primi stiker "Andre the Giant Has a Posse". Questa vera e propria campagna può essere spiegata come un esperimento di fenomenologia. Martin Heidegger descrive la fenomenologia come "il processo del lasciare che le cose si manifestino da sé". La fenomenologia cerca di permettere alle persone di vedere chiaramente qualcosa che è proprio sotto i loro occhi ma è in qualche modo oscurato; qualcosa di così scontato che diventa invisibile all'osservazione astratta.

Quest'articolo ovviamente non vuole essere una lezione di filosofia; si limita a citare l'incipit del manifesto della OBEY (per leggerlo clicca qui ) così com'è stato scritto da Shepard Fairey: graphic designer, illustratore e artista urbano a pieno titolo, con opere esposte nei più importanti musei del mondo, dal MoMA di New York al V&A di Londra. La sua opera più conosciuta è forse il poster "HOPE" del 2008 con il quale ha appoggiato la candidatura del presidente Obama. Ma quelle che impressionano di più sono sicuramente le enormi superfici in pieno stile Orwelliano (ed ovviamente esiste un'edizione di "1984" e de "La Fattoria degli Animali" curata nella grafica di copertina dallo stesso Faiery), dove la potenza dei colori è il risultato della loro essenzialità. 


Immagini seriali di una rivoluzione, una PROPAGANDA fatta di manifesti tanto simili a quelli delle dittature del novecento per impostazione, quanto diametralmente opposti nel richiamo ad una coscienza collettiva.









 Fairey ha lasciato le proprie impronte anche nel nostro paese: 

Tombino - Milano.
Parete - Venezia, Accademia.










                                                          






Spaziando in ambiti così diversi OBEY poteva forse esimersi da una linea d'abbigliamento? Certo che no.
Ma OBEY CLOTHING non è il semplice limitarsi a trasferire le opere di Shepard Fairey su magliette
come quelle che si possono sempre acquistare ad un concerto, stampate la settimana prima. 
 
Lo stile è semplice, pulito e nemmeno tanto autoreferenziale quanto ci si potrebbe aspettare. Il faccione di Andrè the Giant impera solo sotto forma di mini logo, ma la ricercatezza deidettagli non fa pesare la cosa; un esempio su tutti - splendido New Era con logo standard ripreso nel dettaglio sulla parte inferiore del frontino. 

In linea di massima quindi per qualcosa che si noti al primo colpo d'occhio oltre alla classica t-shirt con stampa, il rimando è agli accessori: come le bandane - veri e propri arazzi in miniatura, i cappelli, le borse (tra cui i vari "porta-") e anche tutte le chincaglierie che, questa volta possiamo dirlo con sicurezza,sono piccole opere d'arte seriali. "Arte per asporto" a tutti gli effetti.



Dopo tutto questo, provare a fornire una definizione esaustiva di OBEY diventa un compito sempre più arduo. Stiamo parlando di un'artista, un semplice grafico? Oppure un movimento? Un'espressione di strada? Uno stile di vita? 
In tutto ciò, ritroviamo le caleidoscopiche sfaccettature di un estro politropo e multiforme, apprezzabile  proprio per la sua molteplicità ed estensione.






Alx


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