Fuoco, aria, acqua, terra. Gli elementi primari della materia, che con la loro interazione
da sempre affascinano l’uomo.
Non sorprende che “l’acqua della
vita” sia intimamente legata alla terra dalla quale nasce, non solo
per le diverse condizioni del cereale nel suo elemento, ma anche e
soprattutto grazie alle diverse tradizioni che hanno influenzato nei
secoli la tecnica produttiva.
Molti paesi
producono oggi vari tipi di whisky, ma le tre grandi terre che ne
vantano la tradizione più importante sono la Scozia, l’Irlanda e
gli Stati Uniti, anch’esse divise in regioni talvolta molto diverse
tra loro nonostante le poche decine di chilometri che possono
separarle.
Una quarta regione, il Giappone, si sta
guadagnando da vari decenni una sua posizione di diritto nell’olimpo
dei distillati di cereali.
Iniziamo questo viaggio periodico con la regione principe di questa mirabile arte:
Probabilmente i più famosi, gli
“scotch” sono prodotti esclusivamente in Scozia, e sono
addirittura oggetto di legge per quel che riguarda la denominazione,
la produzione, e altri aspetti come l’etichettatura, la promozione
e l’imbottigliamento (The Scotch Whisky Regulations 2009).
Vi sono 5 categorie di Scotch Whisky,
di cui le prime due sono le principali, da cui derivano le altre:
- Single Malt
- Single Grain
- Blended Malt (in passato anche chiamati “vatted malt” o “pure malt”, termini ora proibiti)
- Blended Grain
- Blended Scotch Whiskey (cioè Blended Malt e Grain insieme)
Il “Single Malt” è whisky prodotto
da malto d’orzo, (orzo germinato) in un’unica distilleria, mentre
il “single grain” per chiamarsi tale dev’essere sempre prodotto
in un’unica distilleria, ma a partire da altri cereali diversi
dall’orzo.
I “blended whiskys” sono il
risultato del miscuglio (o in gergo “assemblaggio”) di diversi
“singles”, provenienti da diverse distillerie. Due o più single
malt daranno un blended malt, e lo stesso per i “grains”. Single
malt e single grains assemblati danno un “blended scotch”. Facile
no?
Perché assemblare vari whisky? Beh, si
tratta di una pratica tradizionale, utilizzata per dare sapori più
rotondi e delicati al prodotto finito.
I whisky scozzesi sono distillati due
volte attraverso un processo chiamato “batch distillation”,
usando alambicchi tradizionali chamati “pot stills”. Sono poi
lasciati ad invecchiare almeno tre anni in botti di rovere.
Ma la Scozia è grande e al suo interno esistono 4 regioni principali, ciascuna con caratteristiche climatiche particolari che influiscono sulle proprietà del whisky prodotto:
- Highlands: la regione più
vasta della scozia, le highlands sono delle terre montagnose, che
sanno conferire al whisky delle note salate, speziate, o ancora
fruttate, spesso con dei sentori di torba. Diversi tra i fiori
all’occhiello della tradizione scozzese vengono dalle Highlands,
come il Glenmorangie, l’Oban o ancora il Dalmor.
- Lowlands: un tempo la zona di produzione principale del whisky, ha subito un forte declino nel corso dei decenni. I whisky prodotti nelle lowlands, tra cui i famosi Auchentoshan e Glenkinchie, sono rinomati per la loro delicatezza e per i loro aromi che spesso presentano connotazioni erbacee e floreali.
- Speyside: situate al nord,
presso la città di Inverness, la regione dello Speyside gode come le
Lowlands di un clima più mite, che permette di produrre whisky dalle
caratteristiche simili, sapori più rotondi e fruttati. Il Macallan,
il Glenfidditch, il Glenlivet, o ancora l’Aberlour sono whisky di
questa regione.
- Le isole (includendo Islay e la penisola di Campbeltown): situate longo la costa ovest della Scozia le isole sono esposte al vento e alle tempeste, e producono whisky che invecchiando si impregnano di sapori salati e iodati. Le isole più importanti sono Skye, Mull, Jura, Arran e Islay e producono whiski famosissimi come il Caol Ila o il Lagavulin. L’isola di Islay è forse la più importante, con i suoi whisky tra i più torbati e iodati di Scozia, ma non bisogna dimenticare l’isola di Skye, con il sapore affumicato e speziato che il suo terreno vulcanico conferisce all’ottimo Talisker.
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