venerdì 9 marzo 2012

LE TERRE DEL WHISKY / IRLANDA




La leggenda come abbiamo già visto attribuisce la paternità del whisky a San Patrizio, che nel sesto secolo avrebbe introdotto in Irlanda il segreto della distillazione.
Anche “l'Irish Whiskey” (scritto all’irlandese) è oggetto di attenzione del legislatore, con l’Irish Whiskey Act del 1980, anche se queste regole sono molto meno particolareggiate rispetto alla legge scozzese.

Il whisky irlandese ha molte caratteristiche tipiche. Innanzitutto, tranne qualche eccezione, è distillato 3 volte (a differenza della maggior parte dei prodotti scozzesi che passano tra gli alambicchi solo 2 volte).

La storia raccontata alla distilleria Jameson, a Dublino, narra che John Jameson arrivò in Irlanda dalla Scozia nel 18esimo secolo, e non contento della doppia distillazione provò ad aggiungerne una terza, e poi una quarta e una quinta, alla ricerca del sapore perfetto. Giunse alla conclusione che 3 era il numero perfetto, e da allora quasi tutti i whisky irlandesi sono distillati 3 volte. La tripla distillazione, effettuata in alambicchi di grandi dimensioni, dona al whisky irlandese un gusto più dolce, leggero e delicato.
La dimensione degli alambicchi non è di poca importanza, dato che in quelli più grandi solo i vapori d’alcool più volatili arrivano in alto per poi essere ricondensati, e questo processo permette al distillato finale di esser più fine e delicato. In media gli alambicchi irlandesi sono 6 volte più grandi di quelli scozzesi, e la distilleria Midleton possiede quello più grande al mondo, con una capienza di 140.000 litri, utilizzato fino al 1975.

Il whisky cosi prodotto viene poi lasciato invecchiare per almeno 3 anni in botti di legno (rovere di solito). Il clima irlandese, mite (per un whisky!), molto umido, esposto ai venti dell’ovest ed a temperature che non variano mai di molto, favorisce l’invecchiamento ottimale del liquore nelle botti, e gli permette di maturare negli anni quel sapore rotondo, leggero e fruttato che lo contraddistingue.


In termini di ingredienti, i whisky irlandesi hanno anche la particolarità di essere elaborati a partire da orzo maltato (o germinato, chiamato anche semplicemente malto), ma anche da orzo non maltato (chiamato solo orzo): il malto per la rotondità, l’orzo per il carattere del sapore finale. Il malto viene fatto essiccare in forni chiusi, senza l’uso di torba (“peat” in inglese), un’altra grande differenza con I “cugini” scozzesi.

Il più tradizionale dei whisky irlandesi è infatti il “pure pot still”, inizialemente elaborato a partire da distillati di vari cereali (malto e orzo, ma anche grano, avena, segale).

Questi ultimi (grano, avena e segale) non sono oggi più utilizzati, ma la distilleria Midleton (che produce anche il Jameson) continua ancora oggi con la tradizone dell’assemeblaggio a partire da malto e orzo, mentre l’altra importante distilleria, Bushmills, produce “single malts”, whisky prodotti solo a partire dal malto.

Queste due distillerie, insieme alla Cooley e Kilbeggan, producono molti whisky diversi, ma sono le uniche quattro dell’isola, a causa di una serie di chiusure e fusioni che sono avvenute nel corso dei secoli. La Scozia, tanto per fare un paragone, ne ha più di 90.

Terminiamo con una nota sulla tecnica dell’assemblaggio (o “vatting”), di cui gli irlandesi sono maestri. Ogni distilleria infatti ha delle tecniche per produrre single malts o pure pot stills di diverse età e caratteristiche. Il Bushmillq Black Bush, con 80% di malto, illustra a meraviglia la qualità dei blend irlandesi. 

A partire degli anni 70 gli irlandesi hanno iniziato ad interessarsi sempre di più anche alla questione dell’invecchiamento, tramite l’utilizzo di botti che hanno contenuto in precedenza liquori come il bourbon, il porto, lo sherry. Questi sapori di cui si è impregnato il legno della botte rilasciano poi delle note fortemente aromatiche nel whisky, che contribuisce a darne il sapore finale cercato.





Clicca qui per leggere il precedente articolo sulla Scozia.


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