La leggenda come abbiamo già visto
attribuisce la paternità del whisky a San Patrizio, che nel
sesto secolo avrebbe introdotto in Irlanda il segreto della
distillazione.
Anche “l'Irish Whiskey”
(scritto all’irlandese) è oggetto di attenzione del legislatore,
con l’Irish Whiskey Act del 1980, anche se queste
regole sono molto meno particolareggiate rispetto alla legge
scozzese.
Il whisky irlandese ha molte
caratteristiche tipiche. Innanzitutto, tranne qualche eccezione, è
distillato 3 volte (a differenza della maggior parte dei
prodotti scozzesi che passano tra gli alambicchi solo 2 volte).
La storia raccontata alla distilleria
Jameson, a Dublino,
narra che John Jameson arrivò in Irlanda dalla Scozia nel 18esimo
secolo, e non contento della doppia distillazione provò ad
aggiungerne una terza, e poi una quarta e una quinta, alla ricerca
del sapore perfetto. Giunse alla conclusione che 3 era il numero
perfetto, e da allora quasi tutti i whisky irlandesi sono distillati
3 volte. La tripla distillazione, effettuata in alambicchi di grandi
dimensioni, dona al whisky irlandese un gusto più dolce, leggero e
delicato.
La dimensione degli alambicchi non è
di poca importanza, dato che in quelli più grandi solo i vapori
d’alcool più volatili arrivano in alto per poi essere
ricondensati, e questo processo permette al distillato finale di
esser più fine e delicato. In media gli alambicchi irlandesi sono 6
volte più grandi di quelli scozzesi, e la distilleria Midleton
possiede quello più grande al mondo, con una capienza di 140.000
litri, utilizzato fino al 1975.
Il whisky cosi prodotto viene poi
lasciato invecchiare per almeno 3 anni in botti di legno (rovere di
solito). Il clima irlandese, mite (per un whisky!), molto umido,
esposto ai venti dell’ovest ed a temperature che non variano mai di
molto, favorisce l’invecchiamento ottimale del liquore nelle botti,
e gli permette di maturare negli anni quel sapore rotondo, leggero e
fruttato che lo contraddistingue.
In termini di ingredienti, i whisky
irlandesi hanno anche la particolarità di essere elaborati a partire
da orzo maltato (o germinato, chiamato anche semplicemente malto), ma
anche da orzo non maltato (chiamato solo orzo): il malto per la
rotondità, l’orzo per il carattere del sapore finale. Il malto
viene fatto essiccare in forni chiusi, senza l’uso di torba (“peat”
in inglese), un’altra grande differenza con I “cugini”
scozzesi.
Il più tradizionale dei whisky
irlandesi è infatti il “pure pot still”, inizialemente
elaborato a partire da distillati di vari cereali (malto e orzo, ma
anche grano, avena, segale).
Questi ultimi (grano, avena e segale)
non sono oggi più utilizzati, ma la distilleria Midleton (che
produce anche il Jameson) continua ancora oggi con la tradizone
dell’assemeblaggio a partire da malto e orzo, mentre l’altra
importante distilleria, Bushmills, produce “single malts”,
whisky prodotti solo a partire dal malto.
Queste due distillerie, insieme alla
Cooley e Kilbeggan, producono molti whisky diversi, ma sono le uniche
quattro dell’isola, a causa di una serie di chiusure e fusioni che
sono avvenute nel corso dei secoli. La Scozia, tanto per fare un
paragone, ne ha più di 90.
Terminiamo con una nota sulla tecnica
dell’assemblaggio (o “vatting”), di cui gli irlandesi
sono maestri. Ogni distilleria infatti ha delle tecniche per produrre
single malts o pure pot stills di diverse età e caratteristiche. Il
Bushmillq Black Bush, con 80% di malto, illustra a meraviglia
la qualità dei blend irlandesi.
A partire degli anni 70 gli irlandesi
hanno iniziato ad interessarsi sempre di più anche alla questione
dell’invecchiamento, tramite l’utilizzo di botti che hanno
contenuto in precedenza liquori come il bourbon, il porto,
lo sherry. Questi sapori di cui si è impregnato il legno
della botte rilasciano poi delle note fortemente aromatiche nel
whisky, che contribuisce a darne il sapore finale cercato.
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